“A laughter that will bury you”… or maybe will keep a language alive! On the local language of Parma
“Una risata vi seppellirà”… o forse terrà viva una lingua! Sulla lingua locale di Parma
by Fara Taddei
Fara Faddei is a graduate student in French Studies at the University of Illinois. She is currently completing her studies of French literature and culture and planning on enlarging her research to world literature. She is interested in Europe and cinema all over the world. She wrote this blog post while enrolled in 418 ‘Language and Minorities in Europe.’
Come si crea una risata di gusto? Gli ideatori di io parlo parmigiano, serie di sketch comici nata su Facebook e cresciuta nelle piazze, condiscono le loro risate con un’abbondante dose di dialetto parmigiano, la lingua propria della città di Parma. Parma, nota in tutto il mondo per le tradizionali prodezze gastronomiche, quali formaggio Parmigiano-Reggiano e prosciutto crudo di Parma, è una città di circa 200.000 abitanti, situata nella regione del Nord-Italia chiamata Emilia-Romagna. Come ogni città italiana, anche Parma ha ereditato dal passato una lingua sua propria, esclusa dal livello di utilizzo ufficiale e alto dalle lingue dei signori (le famiglie Farnese, Borbone, Asburgo-Lorena tramite il ducato di Maria Luisa, moglie di Napoleone Bonaparte) prima e dall’avvento dell’Italiano poi.
Il dialetto parmigiano è rimasto la lingua del popolo fino a che la televisione non ha portato l’Italiano nelle case di tutti, insegnando la lingua nazionale ai parlanti delle miriadi di lingue locali unitamente al cinema e alla radio (Marazzini 47). Il media televisivo non solo faceva capo alla Rai (Radio Televisione Italiana), organismo statale in cui la lingua di lavoro e di trasmissione era ed è l’Italiano, ma proponeva anche vere e proprie trasmissioni educative dedicate all’alfabetizzazione e all’insegnamento della lingua italiana – come il programma a cura del maestro Andrea Manzi, Non è mai troppo tardi. Il parmigiano è ora un residuo del variegato mosaico linguistico precedente all’avvento dell’Italiano come lingua nazionale. I livelli di diglossia (D’Agostino 81) si affievoliscono sempre più e le tracce di una trasmissione intergenerazionale sono di natura puntuale e per niente sistematica. Eppure, una serie di espressioni sono evase dal contesto ristretto degli ultimi parlanti di dialetto e sono diventate patrimonio di tutti i parmigiani. Sono come formule magiche che evocano immediatamente il buon umore. Le più diffuse sono:
Nadör (anatra, traslato per persona tonta)
Tolasudolsa (non prendertela)
Sbasa la grèsta (non esagerare)
Sta su da dos (smettila di darmi fastidio)
Abbiamo intervistato i creatori del progetto comico io parlo parmigiano per sentire un parere di prima mano su dialetto, comicità e Parma. Il gruppo si compone di Luca Conti e Mirko Leraghi, fondatori, a cui si aggiungono presto Riccardo Rico Montanini e Danilo Baroz Barozzi.
Cominciano senza prendersi troppo sul serio: “Il “progetto” è nato per ridere, non era un progetto ma si stavano solo ricordando alcune parole in dialetto parmigiano, un sabato sera [davanti a una fetta di salame e un bicchiere di Lambrusco, stando alla pagina di presentazione sul blog]. Ci siamo accorti che molta gente non lo parlava affatto […]. Mirko e Luca fanno una pagina su Facebook e subito Enrico Maletti [, amico e consulente,] corregge puntualmente ogni errore ortografico. Qui ci accorgiamo che c'è bisogno di scrivere il dialetto correttamente, qui nasce il “progetto” di “tornare a parlare dialetto, e bene”. Raccontano che il dialetto l’hanno imparato “in casa, dai genitori o dai nonni, per strada dai vari personaggi della città o dei paesi”, in un classico esempio di trasmissione familiare e comunitaria. Ma si rendono conto di essere parte di “quelle generazioni che […] il dialetto lo avevano quasi perso nell'uso comune”. Per verificare la precisione linguistica usano un dizionario Italiano-Parmigiano, quello di Guglielmo Capacchi, ma in caso di dubbi si riferiscono all’esperto del, ancora? Maletti, e “siamo sicuri di non sbagliare”. È interessante notare che il team comico attinga anche alla letteratura in parmigiano, ricca di opere in prosa o in poesia.
Interpellati riguardo all’uso del dialetto, i membri del gruppo lo definiscono “istintivo”, ma senza niente di “nostalgico o patriottico”. La definizione del Parmigiano come lingua è molto interessante e parla delle convinzioni linguistiche che permeano non solo Parma, ma molte città italiane: il Parmigiano è “un modo di esprimersi che merita di vivere ed espandersi. Una lingua viva che ha i suoi modi per esprimere determinati concetti, che traducendoli perdono di efficacia. Vorremmo che il dialetto fosse questo, comprensibile a tutti”. E se i creatori di io parlo parmigiano all’inizio dell’intervista erano riluttanti a prendersi sul serio, è bastato arrivare alla domanda finale, riguardo la reazione di città e enti pubblici, per scoprire che, anche se con la spontaneità di un gioco, le soddisfazioni e le idee ci sono. Vedere l’entusiasmo che gli sketch mettono in moto fra “tutte le generazioni” dei cittadini parmigiani è una grande gioia e forse un giorno addirittura vorrebbero insegnare questa lingua recuperata nelle scuole... ma solo “quando [, il dialetto,] lo sapremo bene anche noi”.
Dietro le risate in Parmigiano c’è dunque un senso di appartenenza. Un inside joke grande quanto una città intera, che si inserisce in una tradizione comica forte insieme alle maschere comiche teatrali. Formule magiche in grado di strappare una risata a chi fa parte della cerchia cittadina e idee per rinnovare una lingua che, sotto la cenere, è ancora vispa e vitale.
by Fara Taddei
Fara Faddei is a graduate student in French Studies at the University of Illinois. She is currently completing her studies of French literature and culture and planning on enlarging her research to world literature. She is interested in Europe and cinema all over the world. She wrote this blog post while enrolled in 418 ‘Language and Minorities in Europe.’
Piazza Garibaldi, centro di Parma. Foto di Carlo Ferrari. |
La pagina Facebook di io parlo parmigiano. |
Parte del gruppo di io parlo parmigiano |
Tolasudolsa (non prendertela)
Sbasa la grèsta (non esagerare)
Sta su da dos (smettila di darmi fastidio)
Abbiamo intervistato i creatori del progetto comico io parlo parmigiano per sentire un parere di prima mano su dialetto, comicità e Parma. Il gruppo si compone di Luca Conti e Mirko Leraghi, fondatori, a cui si aggiungono presto Riccardo Rico Montanini e Danilo Baroz Barozzi.
Salame e Lambrusco |
Stemma di Parma |
Dietro le risate in Parmigiano c’è dunque un senso di appartenenza. Un inside joke grande quanto una città intera, che si inserisce in una tradizione comica forte insieme alle maschere comiche teatrali. Formule magiche in grado di strappare una risata a chi fa parte della cerchia cittadina e idee per rinnovare una lingua che, sotto la cenere, è ancora vispa e vitale.
Bibliografia
D’Agostino, Mari. Sociolinguistica dell’Italia contemporanea. Bologna: Il Mulino, 2004. Print.
Marazzini, Claudio. Breve storia della lingua italiana. Bologna: Il Mulino, 2007. Print.
Non è mai troppo tardi (1968) http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-7c96ad51-532d-46c0-8059-24ed6f4f7c3a.html
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